Internet è sempre stato il porto sicuro per lo sviluppo di sottoculture di tutti i generi, dalla musica alla moda, fino ai disturbi del comportamento alimentare. Se prima c’erano le community di Livejournal, i forum e i blog a favore dell’anoressia degli anni Novanta, adesso si sono evoluti, per rispettare le linee guida di spazi online colonizzati dalle diverse piattaforme social, e perseguire un unico obiettivo: diffondere il loro unico credo.
#lospaziotralecosce cambia nome
Negli anni ‘10 di questo secolo, l’epoca d’oro della piattaforma di blogging Tumblr, fioccavano i post con foto di ragazze con piercing e capelli dai colori pastello. Avevano tutte una caratteristica in comune: mostravano creature sempre più esili, con shorts e calze strappate e l’immancabile thigh gap, lo spazio tra le cosce, accompagnato da corpi con le clavicole e le costole ben visibili. I post erano corredati dagli hashtag #proana #promia, in cui i disturbi del comportamento alimentare venivano romanticizzati, permettendo agli utenti di definirsi pro anoressia, Ana, e pro bulimia, Mia. All’interno di quella dimensione online, la magrezza sembrava non essere considerato sintomo di una patologia. Era diventata, più o meno consapevolmente, un’estetica a cui aderire. Contemporaneamente, si diffondevano i gruppi chiusi e i blog in cui si parlava di trucchi per perdere peso in modo malsano e, finalmente, incarnare quell’idea, che spesso diventava una vera e propria ossessione.

#ana, #mia e #thighgap. Attualmente, cercando questa combinazione di parole su Instagram, la piattaforma ci indica un numero a cui chiedere aiuto.
A fare da contraltare da questi gruppi sono arrivati, soprattutto su Instagram, gli account recovery, all’interno dei quali gli utenti condividevano la loro esperienza di guarigione da un disturbo del comportamento alimentare (DCA). Si trattava di veri e propri diari digitali, all’interno dei quali le ragazze, nella maggior parte dei casi, raccontavano nel dettaglio cosa mangiavano e come stavano andando le visite con i vari professionisti delle equipe che le stavano seguendo. Erano dei racconti molto intimi e le utenti preferivano non usare il loro vero nome per paura di essere riconosciute. Era una sorta di accordo non scritto con la community: era meglio se quei resoconti dettagliati non fossero accessibili a chi le conosceva anche nella vita offline. Un po’ perché non avrebbero capito, un po’ perché è più facile raccontare le proprie debolezze a degli sconosciuti che stanno vivendo lo stesso tipo di esperienza. Una situazione che abbiamo osservato anche quando si parla di condivisione dei traumi su TikTok.
Nel corso degli anni il rapporto tra le piattaforme e i contenuti che parlavano di disturbi del comportamento alimentare si è evoluto. È apparso chiaro che post riguardanti queste tematiche non potessero circolare liberamente, principalmente per due motivi. Il primo è che potevano essere dei trigger per chi aveva sofferto di un disturbo in passato, ma potevano anche diventare dei contenuti ispirazionali che, se trovati nel momento sbagliato, avrebbero potuto facilitare l’inizio della malattia. Così molte piattaforme hanno deciso di nascondere tutto ciò che era legato ad hashtag come #ana, #mia e #thighgap. Attualmente, cercando questa combinazione di parole su Instagram, la piattaforma ci indica un numero a cui chiedere aiuto.
Algoritmi, Algospeak e Moderazione
Nel frattempo si è diffusa TikTok, l’app di ByteDance che si è adeguata alle altre piattaforme per quanto riguarda la condivisione di contenuti sui disturbi del comportamento alimentare. Questo però non ha impedito la proliferazione di hashtag e comunità online che richiamassero in modo più o meno diretto i disturbi del comportamento alimentare. Se cerchiamo #skinnytok troviamo oltre 18 mila post. A un primo impatto potrebbe sembrare uno spazio motivazionale, dove persone appassionate di fitness condividono i propri progressi. In realtà si tratta di un’evoluzione degli spazi che su Tumblr utilizzavano gli hashtag #proana e #promia. Non hanno mai smesso di esistere, si sono semplicemente adattati a piattaforme che hanno provato ad arginarli. Con più attenzione si scopre la glorificazione dei disturbi del comportamento alimentare, il controllo eccessivo e l’ossessione di diventare sempre più magre a tutti i costi. Sempre sullo stesso filone, lo scorso anno si era diffuso sulla piattaforma di ByteDance il trend delle cosiddette leggins legs, in cui delle ragazze indossavano dei leggins e mostravano quanto spazio avessero tra le cosce. Come molte utenti hanno osservato, si trattava del ritorno del thigh gap, ma attraverso un neologismo per evitare di essere bannate dalla piattaforma. è una scelta subdola, ma molto in linea con il meccanismo con cui funzionano i disturbi del comportamento alimentare: si insinuano nella vita di chi ne soffre piano piano, finché non si è troppo dentro per uscirne.

È un esempio del fenomeno di “algospeak”: l’utilizzo di linguaggio codificato per aggirare gli strumenti di moderazione automatica delle piattaforme digitali
C’è dunque un’enorme difficoltà nell’arginare questi trend: bloccare un hashtag porta semplicemente alla creazione di un altro nuovo hashtag. Ogni volta un nuovo lessico aggira i limiti delle piattaforme, e così la cui moderazione prende la forma di un nuovo Sisifo digitale. È un esempio del fenomeno di “algospeak”: l’utilizzo di linguaggio codificato per aggirare gli strumenti di moderazione automatica delle piattaforme digitali. L’emoji della pannocchia 🌽, ad esempio, viene utilizzata per riferirsi alla pornografia e al sex work, per l’assonanza tra corn e porn. Dovremmo allora auspicare una moderazione infallibile, in grado di trovare e bloccare ogni istanza, anche velata, di riferimenti dannosi ai disturbi alimentari?
La difficoltà di una tale operazione sarebbe asintoticamente infinita, ma soprattutto potenzialmente rischiosa per altri contesti. Attualmente sono le piattaforme a decidere cosa sia consentito, e se gli hashtag dannosi di cui sopra sono bloccati e hanno ragione di esserlo, altre limitazioni sono più problematiche. La giornalista Taylor Lorenz ha riportato che Meta avrebbe per mesi limitato gli account per adolescenti nella ricerca di ogni tipo di contenuto correlato alla comunità LGBTQ+, facendoli rientrare nella categorizzazione di contenuti a sfondo sessuale; e abbiamo anche gli esempi di leetspeak (la sostituzione di lettere con numeri graficamente simili) usata per parlare di “1sr4ele” e “P4l3stin4”. Una moderazione impenetrabile allora diventerebbe problematica, perché non permetterebbe il disaccordo. Tra ciò che la piattaforma decide di voler limitare potrebbe esserci anche qualcosa che collettivamente riteniamo importante affrontare. La soluzione, evidentemente, non può essere solo tecnica.
Non ci sono vincitrici in questa trend
Un anno dopo il trend delle leggins legs, si sta diffondendo un trend con una canzone che dice: “Well Mother I’m flattered that my hunger makes you proud, but I don’t want this hunger if it puts me in the ground,” in cui gli utenti mostrano il prima e il dopo aver avuto un disturbo del comportamento alimentare. La canzone è un pezzo del brano Running song della cantautrice Ellie Nanni, che racconta la sua esperienza con i disturbi del comportamento alimentare. In poco tempo questo suono è andato virale ed è diventato un veicolo per raccontare la propria storia. La canzone è presente in quasi 18mila post. Nella maggior parte di essi si mostra il prima e il dopo del proprio DCA, mentre alcune ragazze mettono in dubbio che questo sia il modo corretto di fare prevenzione, visto che i disturbi alimentari sono per loro natura competitivi e vedere persone più magre potrebbe essere un trigger, tanto quanto le foto che si trovavano su Tumblr, e non un reale aiuto.
Sembra che i corpi siano diventati a loro volta degli accessori da modificare a ogni cambio di stagione
Dopo anni in cui sono andati di moda i jeans a vita alta, nel 2022 sono riapparsi i jeans a vita bassa e le minigonne. Con la stessa facilità, sono tornati di moda i corpi magri. è come se ci fosse un pendolo che oscilla tra la magrezza insostenibile e un pallido tentativo di accettazione, che sfocia spesso nella commercializzazione. Sembra che i corpi siano diventati a loro volta degli accessori da modificare a ogni cambio di stagione. Era il 2017 quando la famiglia Kardashian ha reso di moda avere un sedere prosperoso, ottenuto grazie alla Brazilian Butt Lift, un’operazione chirurgica con un tasso di mortalità di un paziente su tremila, il più elevato quando si parla di chirurgia estetica. Se dopo le ragazze Tumblr sono arrivate le ragazze con il fisico a clessidra, poi c’è stato uno spostamento verso un fisico atletico, per poi tornare alla magrezza degli ultimi anni, che richiama anche l’ascesa dei farmaci alla semaglutide per perdere peso. Nel frattempo, le piattaforme sembrano essere dei megafoni pronti a celebrare questi cambiamenti e a dimenticarsi dei “vecchi modelli” di corpo senza considerare che i corpi sono più complessi degli abiti che scegliamo di indossare. Non ci si può sbarazzare del proprio fisico come si fa con un vecchio maglione. Tantomeno è possibile fare upcycling quando smetterà di andare di moda. Nonostante questo, avere il controllo sul proprio corpo rimane uno strumento di controllo sociale, soprattutto per quanto riguarda le donne, che come abbiamo visto sono state le più assidue frequentatrici degli ambienti #promia di Tumblr prima e dello #SkinnyTok poi. In un articolo pubblicato sul Guardian, Charlie Brinkhurst-Cuff si chiedeva quanto il suo fisico sarebbe rimasto di moda quando sarebbe finita la fase di innamoramento per un corpo “a clessidra”, reso popolare da una famiglia che si è sottoposta a delle operazioni chirurgiche pur di averlo.
There’s an amaaazing new trend on TikTok where skinny girls use a filter to become “chubby” and laugh laugh at the results and everyone else laughs and it’s sooooooo funny and we definitely aren’t spiralling back down to pro ana death to fats era that damages every young woman pic.twitter.com/p2SsnmSNTb
— Bec Shaw (@Brocklesnitch) March 17, 2025
Quando il corpo delle donne viene percepito come una tendenza e viene trattato alla stregua dei vestiti, non ci sono vincitori. Le donne hanno rischiato la loro salute con i corsetti nel XVI secolo, facendo la fame nell’era “heroin chic” e infine in sala operatoria per avere un corpo secondo i canoni di bellezza del momento. Faranno lo stesso anche quando arriverà la prossima novità. Per ora, i corpi magri vivono su un piedistallo fino a quando non verrà temporaneamente spodestato dal prossimo trend.