21.06.2022

Il boom dei libri Instagrammabili

Da Instagram a TikTok: come i social network hanno rivoluzionato il mondo dell’editoria. Viaggio tra le copertina più instagrammabili degli ultimi anni e l’universo di consigli su BookTok.

Una donna ottocentesca – le donne ottocentesche hanno uno smunto bagliore nel viso, in contrapposizione alle donne nei dipinti olandesi del seicento, moribonde per amore – appare annoiata, vestita di bianco: l’abbiamo vista sui nostri telefoni così tante volte da sembrarci quasi la Monnalisa dell’editoria.

 Il dettaglio del volto di un uomo sofferente: abbiamo scoperto poi si trattasse di un orgasmo. Un corpo roccioso su uno sfondo rosa. L’illustrazione di due donne su uno sfondo giallo. Le immagini menzionate sono tutte copertine dei maggiori romanzi di successo contemporanei – in ambito italiano e non.

Una decina d’anni fa – quando su Instagram i filtri erano ancora socialmente accettati e su Facebook creavi album di foto delle tue uscite serali – dei romanzi venivano pubblicati estratti sottolineati a matita; ora, le copertine.

Nessuno saprebbe esattamente dire quando esse siano diventate decisive nel mercato editoriale – e probabilmente ci sono persone che considerano la copertina come qualcosa di secondario, altro rispetto al romanzo – ma è innegabile che esse contribuiscano al successo di un romanzo. Potrei partire da due episodi gemelli, lontani mesi a distanza l’uno dall’altro e slegati da coordinate geografiche simili.

Il primo ha avuto luogo quest’estate, a Bari, quando in un pomeriggio di fine agosto sono entrata in una grande catena di distribuzione, sollevata nel poter godere un po’ dell’aria condizionata: mentre tentavo di capire la sistemazione dei romanzi, mi sono trovata di fronte una parete che recava la scritta BookTok, ovvero i libri più menzionati e commentati su TikTok.

Il secondo è stato in una piccola libreria con titoli internazionali vicino casa mia a Neukolln: entrata nella sala dedicata ai romanzi appena usciti nel mercato editoriale anglofono, sono stata ipnotizzata dai colori sgargianti delle copertine. Caratteri in grassetto, neri, su sfondi fucsia, celeste, rosa, arancio. Un giornalista del New Yorker, Kyle Chayka, ha definito la proliferazione di queste cover estremamente sgargianti come l’era del formalismo zombie delle copertine. Più tranello che trappola, veniamo attirati ad essi per il più banale dei motivi: sono immagini.

Un piccolo assaggio di cosa c’è all’interno, accattivante quanto basta per permettere ai tuoi occhi di agganciarti ad esso; è la stessa identica cosa di postare un video su TikTok, in cui è il fermo immagine a dover raccontare il video. L’unica differenza: il video, a meno che tu non ne sia il proprietario, non è mai tuo – il romanzo, invece, sì. Come se la possessione di un oggetto sottindesse altro: un’aderenza a qualcosa.

C’è un ramo della semiotica che si occupa di marketing e pubblicità, e analizza come un oggetto venga investito di valore: può essere un valore d’uso – utile per raggiungere, a propria volta, qualcos’altro – oppure un valore di base, il quale potrebbe modificare la percezione di noi stessi in base all’identificazione con i valori incarnati dall’oggetto stesso.

Il romanzo contemporaneo è l’oggetto ultimo da investire di valore: ce ne accorgiamo sulla nostra foryourpage di TikTok, la home principale in cui i video vengono ambiguamente selezionati da un algoritmo, in cui i romanzi vengono spesso impilati in maniera fintamente disordinata l’uno sopra l’altro, solitamente accompagnati da una scritta (il sottogenere più di moda? sad girls club: le copertine dei romanzi di successo menzionati sopra, inutile dirlo, sono onnipresenti in queste liste).

Nelle piattaforme menzionate – TikTok e Instagram – è lo sguardo a fare da padrone, e potrebbe apparire ingenuo pensare che determinate scelte, subdolamente identitarie, non vengano programmate, pubblicizzate, romanticizzate.

Sarebbe ingenuo pensare che non vi sia un collegamento tra piattaforme ed editoria: l’hashtag #BookTok, al momento, è stato utilizzato 55 miliardi di volte. In un periodo storico in cui l’attenzione riservata ai contenuti virtuali si accorcia sempre di più, è straniante che un’attività fondata sulla concentrazione e la riflessione sia, sostanzialmente, di moda.

La creazione di questo angolo dedito alla letteratura è stata generata nel mondo – virtuale – dei primi mesi del 2020, in cui gran parte della popolazione mondiale sperimentava un periodo di ibernazione e solitudine involontaria. Ora, invece, case editrici di tutto il mondo e aziende di vendite al dettaglio hanno deciso, forse per la prima volta, di allearsi con una piattaforma digitale: la più grande catena di vendita al dettaglio di libri statunitense, la Barnes & Noble, ha persino inserito la sezione BookTok nel proprio sito web.

Nelle piattaforme menzionate – TikTok e Instagram – è lo sguardo a fare da padrone, e potrebbe apparire ingenuo pensare che determinate scelte, subdolamente identitarie, non vengano programmate, pubblicizzate, romanticizzate.

Esattamente come accade per quanto riguarda la scelta del font da utilizzare per la copertina di un romanzo: l’ultima novità è la scelta del carattere Lydian, divenuto popolare dopo la Seconda Guerra Mondiale negli Stati Uniti poiché utilizzato per la saga di Nancy Drew ed edizioni economiche di romanzi pulp e, durante gli anni Novanta, per i titoli di coda in Friends.

Il carattere è uno di quelli che ricalca la mano umana – senza esserlo – e presenta delle caratteristiche affilate, appuntite, data la sua genesi fortemente ambigua. Un caso emblematico sono state le cover della serie di romanzi L’Amica Geniale, ritenute in maniera torbida dalla critica “(copertine) per romanzi d’amore da quattro soldi trovati alla stazione di servizio” –  i commenti di questo tipo rivelano un’opacità nella lettura più generale dell’opera. Il diavolo è nei dettagli, si diceva: le cover rivelano sempre qualcos’altro, un parallelismo visuale dell’opera.

Le cover definite di cattivo gusto sono quel contorno volgare, un rione – quartiere in cui le protagoniste crescono – evocato; la prosa raffinata e suggestiva di Ferrante convive con il rozzo e amorale ambiente in cui la storia prolifica. Screditare le copertine dei romanzi non implica necessariamente screditare l’opera in sé, ma è impossibile rifiutare la potenza espressiva delle immagini.

Le cover dei romanzi, ora più che mai, vengono scelte appositamente per spiccare all’interno di feed colorati: l’immagine, come tutte le foto che scegliamo – dice qualcosa su di noi.

Gli autori, a loro volta, riconoscono l’importanza assunta dalle cover nell’epoca digitale: la scrittrice britannica Olivia Laing, ad esempio, sceglie con accuratezza fotografie e colori da apporre sui suoi saggi.

Ha scelto una fotografia di Wolfgang Tillmans per il libro Crudo, mentre per la raccolta di saggi Everybody è stata ferma sul colore da utilizzare, un blu deciso chiamato International Klein Blue; ha affermato che, scrivendo spesso di arte, i suoi libri dovessero dunque sembrare al contempo eleganti ma senza essere intimidatori.  

Le cover dei romanzi, ora più che mai, vengono scelte appositamente per spiccare all’interno di feed colorati: l’immagine, come tutte le foto che scegliamo – dice qualcosa su di noi. Anche la presenza online degli scrittori appare cruciale: in Italia, per fortuna, le scrittori e le scrittrici – vere, non includendo il calderone i libri di influencer scritti da ghostwriters sottopagati – utilizzano le piattaforme in maniera acquosa e centellinata, pubblicando con costanza in previsione dell’uscita del loro prossimo romanzo.

I romanzi in questione vengono pubblicizzati – se fortunati, chissà – da qualche Bookstagrammer, e se si è ancor più fortunati il suddetto romanzo viene inserito in un fitta ragnatela di consigli, haul, commenti su Goodreads, le vendite aumentano. Il 9 agosto del 2020 viene pubblicato su TikTok un breve video di @moongirlreads_, una diciottenne appassionata di letteratura di Los Angeles,  in cui elenca una lista di romanzi che farebbero singhiozzare: nella lista dei titoli c’è un romanzo sconosciuto uscito nel 2012, La canzone di Achille di Madeleine Miller.

Pochi mesi dopo, il romanzo vende negli Stati Uniti 10,000 copie a settimana, il breve video su TikTok viene visto, invece, quasi 7 milioni di volte. Appare dissonante che una piattaforma il cui intrinseco successo risieda nella velocità sia la causa di una crescita smisurata delle vendite, negli Stati Uniti e non.

Qualche tempo fa un utente ha dato vita a questo trend, in cui canzoni velocizzate (nightcore) vengono unite in maniera arbitraria alle parole più utilizzate in un romanzo specifico: una mano si allunga in una libreria piena di titoli scegliendone uno, indugia nella copertina per poi rapidamente inserire in maniera bulimica, grazie alla tecnica di stop motion, foto della stessa parola; uno dei video più visti ha come protagonista Il mio anno di riposo e oblio, in cui viene mostrata tutti gli estratti del romanzo in cui viene utilizzata la parola “dormire”.

Il video restituisce, in maniera profonda e innaturale, l’essenza del romanzo tramite l’unione di contenuto audio (le canzoni nightcore edit sono velocizzate del 35%) e video (in questo caso, la ripetizione della parola): come un pesce in una boccia, l’assenza di uno spazio adeguato per vivere all’interno del mondo in frantumi creato dal romanzo si riflette in un pezzo dai toni velocizzati che aumentano la sensazione di claustrofobia e oppressione.

La smorfia dell’uomo ritratta da Peter Hujar nel 1960, ovvero la foto scelta per la copertina del romanzo Una vita come tante di Hanya Yanagihara, è apparsa in milioni di video: i più impavidi si riprendevano con il telefono mentre piangevano a dirotto dopo aver terminato la lettura del romanzo – la cui lunghezza è di ben 1000 pagine -, c’è chi consiglia titoli simili, chi filmava il procedere della lettura (cento pagine, trecento, seicento) quasi che fosse una challenge per testare la propria malleabilità ed empatia verso i tragici protagonisti del romanzo.

Se su Instagram e, in tempi precedenti, su Tumblr fiorivano citazioni prese da romanzi scritti da uomini – chissà cosa ne sarebbe stato di una generazione di uomini che leggevano Bukowski -, su TikTok tutto appare estremamente diversificato, permettendo così agli utenti appassionati di letteratura di ampliare le proprie conoscenze.

Una piattaforma che mette in luce, peraltro, le pigre descrizioni di donne realizzate da scrittori: in un tentativo di parodia e ironizzazione della riproposizione continua, il POV di figure letterarie femminili viene filtrato dall’occhio maschile e tutto ciò che la protagonista farà sarà inquietantemente sensuale, come una bambola caricata a molla.

Si può parlare, a questo punto, di una sorta di creazione di un nuovo organismo che collega editoria e mondo digitale inteso come sistema in cui utenti, piattaforme utilizzate e immaginario visivo concorrono ad accostare, produrre e mixare materiale narrativo.

E, nel caso in cui fossimo troppo pigri per consultare newsletter o contenuti online, è apparsa in maniera fumosa una nuova app, Tertulia, la quale consiglia libri in base a quanto se ne parla online. A quanto dicono gli ideatori, certo, trovare consigli letterari online non è mai stato così semplice, ma difficilmente si viene incontro a qualcosa di nuovo e appassionante. Tertulia consulta forum, recensioni, mirando così alla creazione di una lista giornaliera di cinque romanzi da acquistare – nasce come un e-commerce. I gusti umani diventano una sequenza ordinata di scelte prevedibili da un algoritmo.

Scetticamente penso che sia difficile che un’app riesca a capire perfettamente i miei gusti – gli “Scelti per te” di Netflix sono uno dei tanti esempi che mi vengono in mente –, inoltre, potrebbe crearsi banalmente una folla online che discute animatamente di un romanzo: ciò non implica che debba necessariamente piacere a me, utente, dotato di gusti altri. 

Sarà interessante notare l’ibridazione in futuro, il modo in cui, per la prima volta, le scrittrici e gli scrittori affronteranno un complesso tessuto a cui sono abituati sin dalla nascita. Un sistema che li ha nutriti e rassicurati, grottescamente simile al comportamento di una madre: l’idea che ho nella mia mente è la statua di Louise Bourgeois, Maman. Imponente – pensare alla sua effettiva altezza, come accade per i contenuti online, crea una vertigine -, protettiva, universale, terrificante, privata di testa e occhi.

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