10.01.2025

I confini del linguaggio: Meta, Trump e tradimenti coniugali

Meta sta per cambiare volto: 5 miliardi di utenti entrano in un territorio dove il fact-checking è nelle mani degli utenti. E "Make Greenland Great Again" non è uno scherzo, ma la nuova frontiera americana. Siamo pronti a navigare in questi nuovi territori del linguaggio?

Martedì 7 gennaio Mark Zuckerberg ha affermato che Meta tornerà alle sue radici. Tornerà alla “libertà di espressione”. Le piattaforme di Meta, Facebook, Instagram e Threads, avevano già allentato la stretta sulla moderazione dei contenuti e sul fact-checking, ma ora si ispireranno definitivamente alle Community Notes di X, il social media di Elon Musk: gli utenti segnaleranno contenuti falsi o poco affidabili.  

In un libro fotografico pubblicato meno di un anno fa “Save America”, Donald Trump aveva accusato il capo di Meta di aver contribuito ai presunti brogli elettorali del 2020. 

Il prossimo presidente Usa lo ha sempre odiato, fino a promettergli la prigione a vita. Mark Zuckerberg era stato colpevole anche di aver chiuso il suo account Facebook dopo l’insurrezione del 6 gennaio 2021.

Adesso ha detto che le sue minacce hanno contribuito alla nuova condotta di Zuckerberg.

Nonostante X fosse da tempo una savana per le scorribande complottiste dell’Alt-right, diffuse con solerzia algoritmica anche dal proprietario Elon Musk, il social ha “appena” trecento milioni di utenti. Il cambio di passo di Meta consegnerà un territorio virtuale di cinque miliardi di utenti (solo Facebook e Instagram) alla propagazione incontrollata di notizie prive di fact-checking.

Entriamo in un territorio ancora tutto da scoprire. 

Quanto saremo in grado di comprendere se chi veicola il messaggio è una fonte affidabile? Quanto era già un pratica contraddittoria, in quanto delegata a un’azienda privata, la moderazione dei contenuti? Cosa succederà con il perfezionamento dei video deepfake AI a disposizione di tutti? I più vulnerabili saranno i giovani meno in grado di mettere in relazione storica i contenuti o gli anziani totalmente impreparati cognitivamente alle nuove piattaforme? 

Nel frattempo Donald Trump durante una conferenza stampa in Florida non ha escluso l’utilizzo della forza militare o della coercizione economica per prendere il controllo della Groenlandia. Mentre il prossimo Presidente Usa parlava con i giornalisti, suo figlio distribuiva dei cappelli proprio in Groenlandia, accanto alla statua di Hans Egede, rappresentativa del colonialismo danese (oggi la Groenlandia è parte del Regno di Danimarca). Sui cappelli è scritto “Make Greenland great again”.   

Trump si è anche detto disposto ad acquistare la Groenlandia. Sebbene oggi la proposta sembri bizzarra, durante la loro storia gli Stati Uniti hanno “comprato” l’Alaska dalla Russia, le Isole Vergini proprio dalla Danimarca e la Louisiana dalla Francia. 

La Groenlandia non è una sparata casuale di Trump. Proprio a causa del riscaldamento climatico diventerà un territorio sempre più strategico. Già negli ultimi dieci anni il traffico navale artico è aumentato del 37% e con lo scioglimenti dei ghiacciai diventerà un campo di battaglia fondamentale tra gli Usa, la Cina e la Russia. Sia per quanto riguarda il piano militare, sia per le nuove rotte commerciali che si apriranno. Inoltre, il territorio consentirebbe di estrarre gas, petrolio e il nuovo oro dei metalli rari.

Ma perché Trump sembra non avere confini nelle sue esternazioni pubbliche? Anzi, più esattamente, perché sembra spesso volere spostare i confini un po ‘più in là?

Durante la notte ha condiviso sulla piattaforma Truth una mappa degli Stati Uniti che incorpora il Canada e la Groenlandia nei confini nazionali. 

È difficile rispondere perché è sempre stato imprevedibile e non è nemmeno chiaro quanto questa sua imprevedibilità sia frutto di una scelta strategica.

Però c’è un filo che lega la scelta di Zuckerberg alle affermazioni di Trump. La possibilità di fare affermazioni apertamente razziste (o sostenute su fallacie scientifiche) e la diffusione di idee aggressive (o apparentemente assurde) che diventano argomento di dibattito. 

Qualcuno potrebbe dire che stiamo finalmente sdoganando una certa dose di ipocrisia nella comunicazione. C’è una parte di verità, ma questa constatazione non tiene conto della potenza del linguaggio. 

Il linguaggio non serve semplicemente a descrivere la realtà. A volte la crea – “vi dichiaro marito e moglie”, “è fatto divieto di”, “ti condanno” -, a volte la orienta, e quasi sempre è un territorio in cui si riflette la paura sessuale e il potere sociale della società: divieti, parolacce, dialetto, gergo professionale, tabù. 

Il momento in cui dichiariamo qualcosa non è mai un momento neutro, l’enunciazione cambia il contenuto di quello che viene enunciato.

Come scrisse il filosofo Slavoj Žižek: se una moglie e un marito hanno un patto implicito in base al quale possono avere relazione extraconiugali senza rivelarle vicendevolmente, nel momento in cui il marito racconta una sua “avventura” la moglie avrà tutte le ragioni per avere paura. Eppure, non ha semplicemente detto quello che ha sempre fatto? No, c’è sempre un motivo se una cosa viene detta e buca il telo dell’ipocrisia apparente. Perché non continui a fare in silenzio quello che hai sempre fatto? Cosa c’è dietro?

Se diffondo apertamente messaggi che sono compiacenti nei confronti della violenza sulle donne, per esempio, o di odio verso comunità escluse, non sto semplicemente dando la possibilità di esprimere a tutti. In realtà se questi argomenti diventano argomenti naturali di dibattito, la società sta incrinando una cornice che escludeva alcuni messaggi. Certo che nei bar (sempre nei poveri bar, l’esempio) o nelle strade ci sono sempre stati discorsi razzisti o complottisti, ma il fatto di poterli diffondere su Rai Uno, per esempio, cambia tutto. Significa che nella cornice ufficiale del discorso possiamo dibattere se esistono le razze o se le donne sono inferiori o se è giusta la supremazia di un popolo su un altro.

Se alcuni argomenti sono dati per acquisiti dalla società – l’uguaglianza dei diritti di genere, l’antirazzismo – non significa che spariranno dalla circolazione comportamenti sessisti o fascisti, ma nel momento in cui compirò un atto razzista sarò consapevole di dovermi vergognare, di aver intaccato un principio morale condiviso. Allargare i confini del dicibile ufficiale significa che diventeranno argomenti di dibattito dei fatti su cui non dovrebbe nemmeno iniziare la discussione. Discutereste mai sull’opportunità di uno stupro o di un femmincidio? Molti decenni fa probabilmente i nostri antenati lo avrebbero fatto.

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