24.10.2025

I romanzi hanno generato Sora

Dal Re in Giallo che rendeva folli i lettori alla droga soma di Huxley fino a Casa di foglie: avevano già inventato Sora, Vibes e la nostra dipendenza. Stiamo costruendo il porno multidimensionale senza chiamarlo porno? Se per capirlo dovessimo leggere questi libri, accetteremmo la sfida dell'attenzione o rinunceremmo consegnandoci alla dopamina del prossimo scroll?

La letteratura aveva già intuito la nostra condizione odierna: incantati e piegati su piccoli schermi luminosi scivoliamo lentamente, quasi senza accorgercene, verso un piacere tiepido ma irresistibile.

Tre autori americani (e uno britannico) avevano anticipato un futuro in cui il godimento, l’evasione dalla realtà e l’immersione in mondi simulati si trasformano in catene invisibili: Robert W. Chambers, Aldous Huxley, David Foster Wallace e Mark Z. Danielewski.

Forse non è un caso che tre di loro provengano dagli Stati Uniti — la nazione che ha massificato l’intrattenimento, il laboratorio dove Hollywood e Silicon Valley trasformano l’attenzione in dipendenza e l’arte in generi codificati.

Esperimenti di piacere e autodistruzione

A che punto è l’algoritmo?
La nuova versione di Sora, l’intelligenza artificiale in grado di generare video, è stata appena resa disponibile su invito: più potente e persino capace di inserire il tuo volto nei filmati. La novità è che non si tratta più di una semplice app di generazione video: è un clone di TikTok con algoritmi di raccomandazione, profili da seguire e interazioni in tempo reale.

Anche Meta lancia Vibes: uno stream di contenuti brevi accessibile da meta.ai. Qui ogni clip è interamente generata dall’intelligenza artificiale, senza intervento umano. Gli utenti scorrono, modificano o creano nuovi filmati, mentre il sistema, silenziosamente, cataloga e memorizza ogni loro reazione, affinando la sua capacità di proporre ciò che provoca il maggior coinvolgimento.

Due giornalisti del New York Times hanno trascorso diverse ore divertendosi davanti a Sora: in un video di nove secondi stavano volando con pizze al posto dei paracadute; in un altro, uno di loro duellava in stile Matrix contro Ronald McDonald, armato di cheeseburger; in un terzo, sedeva su un trono di topi.

La scienza ha rivelato la forza del piacere come impulso autodistruttivo. In alcuni esperimenti decisamente famosi, i ratti da laboratorio preferivano la stimolazione cerebrale artificiale o cocaina endovenosa al cibo, fino al punto di morire di fame quando entrambi gli stimoli erano disponibili.
I ratti attraversavano griglie elettrificate pur di premere la leva che attivava la scarica di piacere, accettando dolori crescenti in cambio della ricompensa.

La letteratura ha immaginato cosa può succedere agli esseri umani se vengono a contatto con una forma di intrattenimento perfetta. Che si tratti di un piacere irresistibile, di una verità troppo limpida o di un significato che supera i limiti della comprensione umana, il risultato è sempre lo stesso: non finisce bene.

Quattro storie blandamente edificanti

Partiamo da Robert W. Chambers e la sua raccolta di racconti del 1895: Il Re in Giallo.
Le storie sono collegate da un elemento ricorrente: una pièce teatrale intitolata Il Re in Giallo. Chi legge o assiste a quella pièce perde la ragione: la percezione del mondo si deforma, il tempo e lo spazio si contorcono, compaiono simboli e figure inquietanti.
L’autore non rivela mai cosa contenga davvero il testo, ma ne mostra l’effetto devastante: chi legge probabilmente “vede” la realtà come realmente è, e la visione è intollerabile.
E sì, True Detective ha attinto direttamente a questo universo, con Carcosa e il Re in Giallo come simboli del contagio mentale.

In Brave New World (1932) l’umanità vive in uno Stato Mondiale apparentemente perfetto. Gli individui sono creati in laboratorio, divisi in caste e condizionati per essere felici nel ruolo che occupano. Non esistono più famiglia, religione o libertà: solo stabilità, piacere e consumo.
Il pilastro del sistema è il soma, una droga statale che elimina ansia e dolore. È una felicità senza costi, ma anche senza coscienza: la libertà è sacrificata alla tranquillità. Nel 1958, in Brave New World Revisited, Huxley rilegge la propria opera alla luce della televisione, della pubblicità e degli psicofarmaci: avverte che il controllo del futuro non passerà più dalla violenza, come nel romanzo 1984, ma dal piacere e dalla distrazione continua. Il soma, dunque, è il parco dei divertimenti del consumo di massa.

Nel 1996 esce il romanzo più famoso di David Foster Wallace. Infinite Jest (o The Entertainment) è la cartuccia di un film girato dal regista James O. Incandenza. È talmente irresistibile da rendere catatonico chiunque lo guardi: lo spettatore, incapace di distogliere lo sguardo, muore di fame o disidratazione per eccesso di piacere.
Un gruppo di terroristi quebecchesi, gli Assassins des Fauteuils Rollents, vuole mettere le mani sulla copia master di Infinite Jest (l’unica riproducibile, a differenza delle altre) per diffondere il film negli Stati Uniti come arma di distruzione culturale. È una forma omeopatica di terrorismo: lo sfruttamento della dipendenza sociale dal piacere come punto di collasso dell’intero sistema.

Nel romanzo Casa di foglie (2000) di Mark Z. Danielewski , Will Navidson, fotografo e documentarista, si trasferisce con la famiglia in una casa in Virginia. Scopre che l’interno della casa è inspiegabilmente più grande dell’esterno. All’interno si apre un corridoio che cambia forma, si espande e si trasforma in un labirinto vivo e infinito. Navidson e altri esploratori lo filmano, ma più si addentrano, più la realtà e la percezione si sfaldano.
La vicenda è raccontata nel manoscritto di un vecchio cieco, Zampanò, che analizza il presunto documentario The Navidson Record; il testo viene poi ritrovato e commentato da Johnny Truant, un giovane tossicodipendente. Mentre legge, la sua mente si disgrega: il manoscritto lo infesta come la casa infesta i Navidson.

Ma non lo abbiamo sempre sognato?

Dal Re in Giallo di Chambers al soma di Huxley, dal film letale di Wallace al labirinto di Danielewski, emerge un filo rosso: le persone tendono a sostituire la realtà con una rappresentazione più intensa, più piacevole o più “vera”, fino a dissolversi in essa.

Oggi non stiamo forse costruendo la nostra versione dell’Intrattenimento? Le piattaforme di generazione video sfornano mondi paralleli a ciclo continuo, mentre avatar e volti sintetici popolano la nostra attenzione con una frequenza inaudita. A volte, mentre aspettiamo sotto la pioggia che un autobus in ritardo arrivi, il telefono ci regala un nuovo video, un mondo in cui siamo caldi e asciutti, e dove tutto accade esattamente quando vogliamo che accada.

Stiamo costruendo il porno multidimensionale senza chiamarlo porno?
Abbiamo solo molta paura perché è una tecnologia nuova di cui non capiamo la portata antropologica del mutamento?
Oppure ci piace troppo, è qualcosa che in fondo abbiamo sempre sognato – essere piccole divinità in grado di generare qualsiasi cosa, anche la più stupida, senza nessuna responsabilità né dovere – ma non possiamo ammetterlo?
Oppure, banalmente, non ci sarà nessuna distopia Black Mirror, ma, tiepidamente, solo un’altra variante dell’intrattenimento che finirà in una nuova categoria addomesticata?

E se per scoprirlo dovessimo leggere tutti i libri che abbiamo citato come finirebbe? Accetteremmo la sfida dedicando un’alta soglia di attenzione ai testi alla ricerca di possibili vie d’uscita… oppure giudicheremmo il compito troppo faticoso consegnandoci invece alla promessa di dopamina del prossimo scroll?

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