A inizio 2020, una ragazza che studia giorno e notte nella sua cameretta ascoltando musica lo-fi è stata eletta da Dazed a icona della pandemia. Più di due anni dopo, il canale di streaming Lo-fi girl (una volta chiamato ChilledCow) è ancora la destinazione perfetta per chiunque sia alla ricerca di un sottofondo quasi ipnotico per studiare, lavorare, rilassarsi. Ma la musica non è tutto: il fascino della ragazza alla scrivania è dato dal fatto che chi la guarda vorrebbe essere una persona calma, motivata e concentrata come lei. Lo stesso meccanismo che negli ultimi anni ha spinto milioni di utenti a seguire i profili delle study influencer su Tumblr, Instagram e TikTok.
Come la maggior parte delle tendenze che vediamo oggi su TikTok (e, di riflesso, su Instagram), anche il culto delle scrivanie immacolate cosparse di evidenziatori pastello è nato su Tumblr. I primi studyblr (dall’unione di ‘study’ e ‘Tumblr’) nascono infatti tra il 2014 e il 2015 e sopravvivono al progressivo declino della piattaforma – il cui colpo di grazia è stato dato dal ban dei contenuti pornografici nel 2018 – migrando su altri social più à la mode. Oggi l’hashtag #studygram è presente su più di 16 milioni di post su Instagram, mentre #studytok accompagna più di 6 miliardi di video su TikTok. Nonostante a prima vista tendano a somigliarsi un po’ tutte, le pagine delle study influencer presentano sostanziali differenze che non riguardano solo gli argomenti di cui parlano (in cima al podio, almeno in Italia, ci sono le materie STEM e giurisprudenza), ma anche il motivo che le ha spinte a fare il salto da studentesse a creatrici di contenuti.
“Ho aperto la mia pagina nel 2017, al mio primo anno di università di Medicina. Dopo non aver passato il test di ammissione la prima volta, mi sono sentita molto abbattuta. Su Instagram ho trovato delle pagine di studenti di medicina che ce l’avevano fatta e che condividevano consigli per lo studio del test”, racconta Arianna, che gestisce il profilo Instagram @arianna_medstudent e il canale YouTube @Arianna Creations. “Quei profili mi hanno aiutata tanto e quindi quando sono entrata a Medicina ho deciso di aprire una pagina anche io per condividere consigli e il mio percorso”, aggiunge. Come Arianna, molte study influencer sono la risposta fai-da-te alle lacune del sistema scolastico italiano, dal quale molti studenti escono senza aver mai interiorizzato un vero e proprio metodo di studio. Nel caso della facoltà di Medicina, a queste difficoltà si aggiunge la politica del numero chiuso, che ogni anno lascia fuori dalle aule circa 40mila studenti e che spinge gli iscritti al test a cercare metodi e strategie per ottenere il punteggio più alto possibile e selezionare con cura l’ordine delle sedi.
Molte pagine nascono per rispondere anche a un’altra necessità condivisa da molti universitari: la mancanza di motivazione. “Ho aperto il mio profilo Instagram nel 2019, in preda allo studio di diritto privato per la mia prima sessione estiva in assoluto. Avevo avuto brutte esperienze al primo semestre, a causa della mancanza di un metodo di studio e di varie difficoltà personali che non mi hanno permesso di raggiungere sin da subito i risultati che speravo. Mi sono ispirata ad altri studygram per l’apertura del mio profilo e ho voluto portare la realtà di una studentessa di giurisprudenza all’inizio del suo percorso fatto di tante difficoltà, ma per dimostrare che tutti possiamo rialzarci e superare questi momenti”, spiega Elisa, il cui studygram (dalla crasi tra ‘study’ e ‘Instagram’) conta più di 40mila follower.
A metà strada tra tutorial e bacheche Pinterest a tema lifestyle, i contenuti delle study influencer si basano più o meno velatamente sull’idea che rendere lo studio più bello sul piano estetico lo renda anche più sopportabile dal punto di vista psicologico. Ma per farlo non basta fotografare oggetti qualsiasi: esiste un’estetica ben precisa che premia gli articoli di cancelleria di Muji, gli evidenziatori pastello della Staedler, le penne fineliner della Stabilo e gli ultimissimi modelli dell’Apple iPad. “L’estetica è parte integrante dei miei post. Più un post è aesthetic, più piace!”, spiega Ilaria, che racconta il suo percorso da studentessa di Giurisprudenza su Instagram e TikTok. “Anche se l’algoritmo di Instagram cambia spesso, in generale i miei post sull’iPad sono sempre i più graditi (e lo stesso vale su TikTok)”, aggiunge. Nonostante piaccia molto all’algoritmo, questo tipo di estetica porta con sé una serie di messaggi problematici. Da un lato, infatti, trasformare gli appunti in opere d’arte tra scotch colorati e font fantasiosi trasmette l’idea che studiare sia quasi un passatempo, quando per molte persone la pressione legata agli studi universitari è fonte di stress, ansia e depressione e può portare fino al suicidio. Dall’altro, adottare l’estetica che va per la maggiore tra le study influencer è una questione di privilegio: oltre ad avere la possibilità economica di poter frequentare l’università, è anche necessario avere le risorse per acquistare i prodotti giusti.
Come la maggior parte delle tendenze che vediamo oggi su TikTok (e, di riflesso, su Instagram), anche il culto delle scrivanie immacolate cosparse di evidenziatori pastello è nato su Tumblr.
Per fortuna, il declino dell’instagrammabilità sembra dietro l’angolo: la Gen Z non sopporta i feed perfetti e sta iniziando a popolare Instagram di selfie sfocati e meme che denunciano situazioni cringe. Oltre a modificare l’estetica degli studygram, questo cambio di paradigma potrebbe anche avvicinare molti più creatori di contenuti maschi a un mondo popolato prevalentemente da studentesse. “All’inizio eravamo più del 90% ragazze. Questo, forse, perché era partita come una condivisione di foto carine di appunti colorati, che tendenzialmente venivano fatti da ragazze. Con gli anni, la maggior parte dei profili si è evoluta e non condividiamo più solo libri e appunti, ma la nostra vita al 100%, tra università e passioni”, spiega Arianna. Anche secondo Chiara, che documenta la sua vita da studentessa di biologia sul profilo @biology.study.gram, “il numero di ragazzi (biologi e dottori, ad esempio), che fanno divulgazione scientifica è in aumento”.
Tuttavia, la divulgazione è solo una piccola parte dei feed delle study influencer: la loro presenza sui social, che comprende la creazione di contenuti motivazionali e la risposta alle numerose richieste di aiuto da parte dei follower, si profila come un vero e proprio lavoro di cura, lo stesso che nel tempo abbiamo imparato a pretendere dagli insegnanti, e soprattutto dalle insegnanti, a titolo gratuito. “Sin dall’istituzione della scuola pubblica negli Stati Uniti (e in Europa) è stata esercitata una pressione costante sugli insegnanti affinché considerassero il mestiere alla stregua di una vocazione, dedicando a esso lunghe ore al di fuori dell’orario scolastico, e tutto per amore degli studenti”, ricorda Sarah Jeffe nel saggio Il lavoro non ti ama (minimum fax, 2022). A questo fenomeno si aggiunge poi la progressiva “femminilizzazione” dell’insegnamento, che nel tempo ha smesso di essere una prerogativa maschile ed è diventato un lavoro che svolto in prevalenza da donne. Questo aumento della presenza femminile nel settore è legato alla falsa credenza che vuole le donne più portate per i lavori di cura e ha spinto le insegnanti a farsi sempre più carico dei problemi sociali e psicologici degli studenti in mancanza di altri professionisti all’interno delle mura scolastiche. Nel paese con la spesa per l’istruzione più bassa in Europa e con un sistema di accesso all’insegnamento in continua riforma, le study influencer sopperiscono alla mancanza di tempo degli insegnanti, spesso precari, e alla scarsissima diffusione degli sportelli psicologici nelle scuole e nelle università.
“Essere una study influencer è il mio lavoro, anche se tanti non lo considerano tale. Ideare e creare contenuti richiede davvero tanto tempo e non sempre è facile incastrare tutto con lo studio”, spiega Arianna, che frequenta il sesto anno di Medicina. “Alcuni contenuti richiedono più tempo rispetto ad altri, in particolare tengo a rispettare le aziende che scelgono di collaborare con me dandomi fiducia ma non nego che ciò richieda tempo”, conferma un’altra med student, Jessica. Molte aziende che gravitano intorno al mondo della formazione (da quelle che organizzano corsi di preparazione ai test universitari alle copisterie, passando per siti che offrono ripetizioni o vendono accessori per iPad) si sono accorte del potenziale delle study influencer, che monetizzano il loro impegno offrendo codici sconto o promuovendo prodotti. “Sono state le aziende a chiedermi di entrare nei loro team e di tenere i corsi, sia sul metodo di studio, sia sulle tecniche di suture. Mi trovo molto bene, mi piace interfacciarmi con studenti come me”, commenta Arianna. Ma non per tutte è così: Ilaria, ad esempio, ha afferma di non monetizzare per scelta. “Ho sempre pensato ai miei social come un divertimento, non un lavoro, e non mi piace l’idea di far pagare altri studenti per dispense o appunti. Voglio sentirmi come una sorella maggiore!”, spiega.
Nonostante i punti di vista divergenti sulla monetizzazione, il tema che mette d’accordo moltissime study influencer è la salute mentale, sia la loro che quella delle persone che le seguono. “Pubblicare contenuti che fanno male alla salute mentale di chi mi segue è tra le mie paure più grandi quando faccio i post, per questo metto sempre disclaimer e cerco di non dare mai un’idea di perfezione assoluta della mia persona”, spiega Elisa, che si sforza di raccontare le sue difficoltà e i suoi errori davanti una community di più di 40mila persone. “Appena ho iniziato a pubblicare ho avuto l’impressione che i miei contenuti potessero far soffrire chi mi seguiva, quindi ho cambiato approccio e ho cominciato a pubblicare anche le mie giornate no, quelle in cui non ho nessuna voglia di studiare” racconta Ilaria, riferendosi all’aura di hustle culture che sembra pervadere i profili di alcune study influencer che incitano al perfezionismo e alla competizione tra studenti. “Questo è infatti il motivo per cui non condivido sui social i miei voti e quanti esami mi mancano alla laurea. Mi è successo di litigare anche con una follower perché voleva assolutamente saperlo, aveva detto che era suo diritto! Secondo me questo non aiuta gli altri”, racconta Chiara, che con il suo pubblico ha parlato apertamente dei suoi attacchi di panico, degli episodi di ansia e del suo primo anno fuori corso. “Ho scoperto che dietro a quei numeri c’erano delle persone che si trovavano nella mia stessa situazione: chi era fuoricorso, chi era stato bocciato, chi non aveva superato il test di medicina, e via dicendo. Con il tempo ho voluto creare un luogo sicuro fatto di verità, perché tante, troppe volte mi è successo guardando altri studygram di sentirmi in difetto, perché non mi sentivo alla loro altezza”, spiega la studentessa di biologia.
Oggi l’hashtag #studygram è presente su più di 16 milioni di post su Instagram, mentre #studytok accompagna più di 6 miliardi di video su TikTok.
Nonostante le buone intenzioni, per molte study influencer è difficile abitare due universi estremamente competitivi – l’università e i social network – senza essere allo stesso tempo la mano che aiuta altri studenti in difficoltà e quella che li spinge a sentirsi in colpa per i propri errori pubblicando il post sbagliato al momento sbagliato. “Prima di aprire una pagina su Instagram pensavo che ciò che vedevo fosse tutto vero: ragazze perfette con una vita perfetta che andavano in palestra, prendevano ottimi voti e si laureavano in fretta. Adesso posso dire che va molto meglio perché ho imparato che ciò che vedo sui social non è sempre vero, anzi la maggior parte delle volte è tutto falso. Ma questo mi fa un po’ paura, perché prima di arrivare a questa conclusione ho passato dei periodi in cui credevo di essere ‘sbagliata’. Ci sono arrivata più tardi, anche grazie alla psicoterapia, ma ho capito solo dopo quanto mi facessi influenzare facilmente da niente. Ciò che mi fa paura è che in questa trappola ci possano ricadere altre persone, magari anche più fragili, e avere problemi a uscirne”, conclude Chiara.
In una società dove riconoscere il merito – qualsiasi cosa voglia dire – è diventata una questione istituzionale, la popolarità delle study influencer ci ricorda che il grande dibattito iniziato con la pandemia su lavoro, produttività e salute mentale non può fermarsi negli uffici, ma deve coinvolgere anche il mondo dell’università e le vite di futuri lavoratori e lavoratrici.